10 dicembre 2006

Requiem

L'albero spaccato al centro della picola radura del parco rimase lì per diverso tempo, senza che nessuno si accorgesse del cambiamento. L'enorme platano sembrava quasi riposare, come appoggiato su un triclinio invisibile, in attesa della prossima primavera e di una nuova fioritura. Non male come immagine. Moth Park e le sue anime erano tornate alla pace, quella che avevano cercato con tanta passione e travolgente terrore, ma nulla su questo mondo passa senza lasciare un segno, un'impornta indelebile di ciò che è stato e non è più cancellabile.

Craigh osservava l'albero bruciato con uno sguardo analitico e scientifico, cercando di ricostruire gli eventi: rimase in piedi per un quarto d'ora, immobile, lo sguardo fisso, senza che un solo muscolo del suo corpo accennasse a muoversi. La neve incominciava a scendere e già ricopriva i rami dell'albero e buona parte del terreno: le foglie spuntavano solo qua e là, tra i ciuffi d'erba rimasti scoperti dal soffice manto bianco.
Poi lo sguardo andò oltre e prese ad analizzare ciò che occhi umani non avrebbero dovuto vedere: c''era un tessuto sttostante, intelaiato e legato alla realtà umana a doppio filo, due mondi coesistenti di cui l'uno era le genesi dell'altro. Erano cambiati entrambi, ma non nello stesso modo.
Orrore e paura, che campeggiavano dall'altro lato, ora erano in preda alla violenza dell'ira e al timore più profondo, quello che si prova solo di fronte alla propria distruzione. Era sparito qualcosa di malvagio e c'era chi ne aveva bisogno., un bisogno vitale e irrinunciabile. Craigh poteva sentire questo bisogno, lo percepiva nei movimenti delle fogli e nel sussultare dei fili d'erba, nelle nubi che si susseguivano nel cielo e nei piccoli scoiattoli che sclavano lo scheletro di legno poco convinti. "Puah!". Forse era stato un bene. Forse no. L'equilibrio da che parte stava? Dovevano decidere. Tuk-son-kin avrebbe parlato al riguardo, una volta avvertito, e quello era il dovere di Craigh. Poi l'alfa avrebbe deciso.