12 marzo 2007

Cosa si dice nella notte...


Probabilmente, vista a posteriori, è stata una follia.

Forse non avrei dovuto condurli là sotto.

Pensandoci adesso, non erano pronti.

Ma io che cazzo ne sapevo che dei folli si sarebbero messi a sparare nel bel mezzo di una visita notturna alle catacombe?

Derai aveva previsto tutto, diceva. Mai fidarsi di un umano in queste cose, nemmeno se l'umano parla con gli spiriti ed è capace di riattaccarti gli arti che perdi in battaglia.

Collaborare ed allearsi è un conto, affidarsi troppo è un altro.

Ma che altro puoi fare quando sei a migliaia di chilometri da voi, che ve ne state a divertirvi a Chicago? Compagni di branco di merda...

Vabbè, forse esagero: però qualche insulto ve lo meritate, tutti! Dannazione, quest'idea di seguirli in Europa per vedere cosa accadeva loro non è stata proprio brillante. Eh si che uno ha iniziato ad ululare nel bel mezzo della battaglia! Me ce lo vedete voi un prete che squarta tre combattenti umani e non prova un minimo rimorso? Ce li siamo scelti proprio bene, questa volta.

Ricapitolo, prima che il tenentino di là si svegli e io debba rimettermi al lavoro, perché di lavoro ne abbiamo ancora parecchio da fare.

Derai ci ha condotti nella catacombe sotto Santa Lucia, nulla di speciale se non ci si lascia impressionare da qualche osso e un po' di disegni sulle pareti. Doveva essere una vera gita archeologica e basta, nulla di più. Pensava di stringere un po' di legami con i partecipanti, farli divertire, far cadere le supposizioni sulla sua natura “strana”. Tutto lì.

Bel colpo, davvero.

Prima di tutto, uno di loro trova un passaggio segreto che neppure io avevo notato. E questo già mi manda in bestia a sufficienza. Subito dopo dei russo-fascisti si mettono a sparare e mi affettano un ginocchio: nulla di che, sia chiaro, ma mi tocca fare il finto ferito sino a che non si chiarisce la situazione. E' stata una fortuna, perchè questa sceneggiata è poi tornata utile. Ma, dannazione, avrei dovuto accorgermene prima.

Dieci uomini in nero, con accento così russo che non mi sarei stupito che marciassero cantando l'inno sovietico, un altro tipicamente spagnolo: maledizione alla globalizzazione umana, era quello il capo.

Discorsi strani, pittoreschi e abbastanza incomprensibili per i nostri cuccioli (anche se Derai continua a rifiutarsi di chiamarli così), troppi riferimenti al soprannaturale. Ero tentato di alzarmi, passare in gauru e federe quanti ne sarebbero rimasti in piedi al termine del primo minuto, ma il piano parlava di “basso profilo”, e poi Derai aveva un piano di riserva. Si capiva da come ci ha divisi, prima di scendere oltre, nelle catacombe.

Non so come sia andata la loro discesa, qualcuno ha parlato di strane prove, manco fossimo in un film di Spielberg.

Quel che ho vissuto io è stata attesa, una ventina di minuti, il tempo che ci ha messo il mio ginocchio a tornare a posto, mentre Gamble rischiava di svenire, stupito: poi abbiamo fatto piazza pulita dei nostri carcerieri. Nulla di che, ma mi ha stupito il dottore: non è scappato, non ha rimosso, non ha battuto ciglio. Era già risvegliato, come mi ha spiegato Derai, doveva solo accorgersene.

Poi abbiamo seguito gli altri... e la sotto è stata follia pura.

Uno scontro frontale, con la Muta del prete nel bel mezzo: c'era qualcosa che non andava nella scena, l'ha notato anche Derai. Solo che non capiamo cosa sia. Forse, là sotto c'è dell'altro che ci aspetta, e stasera ci torneremo, in un modo o nell'altro.



Mail inviata da Torino a Chicago, una notte di dicembre